Albania, si Gira! Festival del cinema albanese 2020 – ed.2 “Transizioni”

“Transizioni”

L’evento esplora le relazioni italo-albanesi attraverso opere cinematografiche prodotte da autori albanesi, italiani e da troupe miste italo-albanesi per aprire una riflessione sul passato, il presente e il futuro comune dei due popoli.

Casa del Cinema

Largo Marcello Mastroianni 1, 00197 Roma

8-9-10-11 settembre 2020

Il Festival del Cinema Albanese “Albania, Si Gira!” giunge alla sua seconda edizione portando al pubblico una nuova selezione di film incentrati sulle relazioni italo-albanesi. Per questa e le successive due edizioni, l’evento si focalizza sul tema delle “transizioni” che hanno maggiormente definito la storia degli albanesi e degli italiani. 

Il programma prevede la proiezione di film girati prima e dopo la fine della Guerra Fredda per comprendere quali sono le principali continuità e rotture che questo avvenimento ha generato nelle reciproche percezioni. Grazie alla partnership con l’Archivio Centrale del Film di Tirana, porteremo a Roma alcune delle opere più significative del cinema albanese d’epoca comunista e post-comunista mettendo il pubblico in contatto con una realtà artistica poco conosciuta, ma molto vivace, quale è la cinematografia del “Paese delle Aquile”. Nella prima serata sarà proiettato il film “Tomka e i suoi amici” (1977) della regista albanese Xhenfise Keko, in versione restaurata, digitalizzata e tradotta in italiano per l’occasione. Un classico del cinema albanese, quest’opera racconta la Seconda Guerra Mondiale durante la fine dell’occupazione italiana e l’inizio di quella tedesca attraverso gli occhi di un gruppo di ragazzi.

L’arte cinematografica, non è stata solo uno strumento di propaganda, ma anche un mezzo che gli autori hanno utilizzato per esprimere il proprio dissenso, in modo perlopiù velato e simbolico, ma raramente anche esplicito. Fa parte della seconda categoria l’attività di Viktor Stratobërdha il quale nella metà degli anni Cinquanta, ispirato dal realismo socialista sovietico e dal neo-realismo italiano, iniziò a girare un documentario dal titolo “Ridiamo perché non possiamo piangere”. Disprezzato dai quadri del regime, il regista fu allontanato dal proprio ambiente lavorativo e perseguitato. Nel festival presenteremo alcune sequenze della sua incompiuta opera che sono state montate con il titolo “Perché così?” (1957).

I film sono stati scelti per narrare le “transizioni” sia in senso geografico e storico sia in senso simbolico. Il cortometraggio di Elton Gllava “Albania cinema paradiso” (2019) offre una splendida sintesi del cinema del periodo comunista e immerge lo spettatore nelle genuine emozioni che questa arte ha suscitato nonostante i forti limiti imposti dal sistema.  

Attraverso i lavori prodotti da autori albanesi, italiani e italo-albanesi si potrà osservare il modo in cui essi hanno immaginato, rappresentato e documentato le fasi di passaggio tra le varie epoche e i viaggi tra i diversi contesti culturali e geografici. La coproduzione italo-albanese “Via mare Adriatico” di Fatmir Koçi (2007) mostra che questi attraversamenti temporali e territoriali sono il tratto distintivo di comunità che hanno vissuto in rapporto contiguo l’una con l’altra oltrepassando continuamente i confini simbolici sanciti dalle strutture politiche dominanti. 

Lo stato di transitorietà ha comportato per gli albanesi anche l’essere sottoposti alla guida degli altri, ovvero di diplomatici che dovevano spianare la strada delle riforme democratiche. Questo è il tema affrontato dalla recente opera di Pluton Vasi “Gli internazionali” (2018), che tuttavia rivela come il lavoro degli esperti sia molto più condizionato dai pregiudizi verso il contesto e le persone che dovrebbero aiutare, piuttosto che da uno spirito umanitario.

Ogni serata si apre con la discussione di un particolare aspetto delle transizioni che verrà approfondito grazie al contributo degli autori presenti nel dibattito e dagli storici dell’Associazione Italiana Studi di Storia dell’Europa Centrale e Orientale (AISSECO). Opere come “L’ultima domenica” (1993) di Gjergj Xhuvani, “Cento per cento” (1993) di Artan Minarolli e Petrit Ruka e “Tirana anno zero” (2003) di Fatmir Koçi, dimostrano che tra gli anni Novanta e Duemila si è delineato un genere particolare di film, ovvero il “cinema di transizione”.  Questo cinema è caratterizzato da alcuni elementi ricorrenti quali la critica del regime comunista e la delusione dei personaggi principali rispetto alle speranze che si erano create dopo la sua caduta. 

La transizione era inoltre un periodo di grandi aspettative e di energie creative in campo economico che hanno contribuito a forgiare sia le immagini del futuro sia l’esperienza della migrazione in Italia e i successivi viaggi di ritorno. Questi temi sono trattati nel film “L’ultimo amore” (1995) di Gjergj Xhuvani che racconta il contrasto che caratterizzava i rapporti tra albanesi e stranieri, inclusi gli italiani, che si incontravano in Albania nella metà degli anni Novanta. Il cortometraggio di Eva de Prosperis “Fuga dall’America”, presenta l’esperienza del “ritorno” dall’Italia di molti albanesi. Similmente ad altri film in programma, quest’opera rivela come l’emigrazione abbia portato alla formazione di una comunità transnazionale che si identifica con entrambe le culture e vive sospesa tra l’Italia e l’Albania.

Il festival ci permetterà di comprendere come le transizioni sociali e demografiche hanno condizionato le vicende dei due Paesi in modo parallelo oltreché interdipendente. I cortometraggi “Eden abbandonato” (2002) di Eno Milkani e “La strada vecchia” (2019) di Damiano Giacomelli, attestano la sensibilità degli autori verso i contesti provinciali che sono stati dimenticati e spesso danneggiati dai grandi cambiamenti sociali indotti dalle transizioni politiche ed economiche che hanno riguardato l’Italia e l’Albania. In questi contesti le attività quotidiane sono scandite da una ritualità precisa e quasi atonica che aspetta di essere sconvolta da un incontro casuale o da un evento insperato. 

L’opera “Una vita con te” (2020) di Erjon Kame, che viene presentata per la prima volta al pubblico in questo festival, mette in scena una parte importante dell’Albania attuale, ovvero la “classe media” che è sorta alla fine del periodo di transizione. L’ambiente professionale e interpersonale con il quale due giovani sposi si devono misurare, dimostrano che gli sconvolgimenti degli anni Novanta hanno segnato in modo permanente la società albanese. 

PROGRAMMA COMPLETO